IL CASO "MENHIRS LIBRES" ALL'ONU

UNITED NATIONS
WORKING GROUP ON INDIGENOUS POPULATIONS
Geneva, 31 July to 4 August 2006

Signor Presidente,

mi chiamo Giancarlo Barbadoro. Sono il Presidente della Ecospirituality Foundation e Rappresentante della Comunità tradizionale bretone "Menhirs Libres".
Sono qui a parlare per conto di questa Comunità tradizionale che vuole rivolgere a questa Assemblea un appello per una richiesta di aiuto relativo al sostegno all'identità spirituale dei Nativi europei.
E' ampiamente noto il quadro storico della situazione e delle vicende vissute dagli Indigenous peoples di tutto il pianeta. Essi sono stati spesso soggetti ad ogni genere di tragedie causate da una parte della società maggioritaria e ancora oggi si trovano a lottare perchè siano riconosciuti i loro diritti e perchè essi possano manifestare liberamente le proprie tradizioni nel rispetto della loro identità culturale.
Questi eventi non sono solamente accaduti nelle aree del pianeta che la società maggioritaria ha colonizzato, ma si sono verificati anche sul territorio continentale dell'Europa dove sono state vissute vicende tragiche non dissimili da quelle vissute in altri luoghi del pianeta.
Anche sul continente europeo, prima che i poteri storici li cancellassero, si sono manifestati Indigenous peoples che possedevano una loro tradizione sostanzialmente simile a quelle degli altri Indigenous peoples del resto del pianeta. I nativi europei, come i nativi di tutto il pianeta, non hanno origine né si identificano con le culture nate dalle grandi religioni storiche. Essi hanno loro specifiche tradizioni ed hanno continuato ad esistere in silenzio, al fianco della cultura maggioritaria dominante e sono fieri della loro identità laica.
La storia ufficiale di questi nativi europei si è conclusa apparentemente nel momento in cui sono stati oggetto di una integrazione forzata da parte della cultura dominante che ha sterminato i loro leader spirituali e cancellato le tracce della loro identità culturale.
Oggi le culture predominanti del continente europeo negano di fatto l'esistenza attuale dei nativi europei e relegano la loro manifestazione nelle teche dei musei di archeologia.
In realtà i nativi europei rappresentano ancora oggi una cultura ben viva e presente nella storia europea.
Essi danno ancora oggi la testimonianza della loro realtà storica nella sacralità attribuita ai monumenti megalitici che coprono l'intero continente europeo, attraverso l'insegnamento dei miti, nella continuità della musica e attraverso la cultura popolare che conserva le antiche consuetudini.
Per questo motivo chiediamo a questo Forum che venga data attenzione a questo caso storico e che sia prevista una tutela all'identità dei nativi europei sopravvissuti alle tragedie della storia al fine che essi possano preservare la loro cultura e la libera e manifesta pratica delle loro tradizioni.
Auspicando che in tal modo sia possibile garantire, a tutti coloro che vogliano rivelarsi o dichiararsi per tali, di poter uscire dal silenzio della storia per manifestare liberamente la loro identità e praticare in maniera altrettanto libera le loro tradizioni e la loro cultura nel rispetto delle altre culture maggioritarie. Con questa azione si potrebbe risarcire moralmente una ingiustizia storica subita dai nativi europei.
Non solo, in questo modo si potrebbe consentire che i nativi europei possano dare un loro prezioso apporto al bagaglio culturale di tutta l'umanità contribuendo all'arricchimento di questa stessa attraverso nuovi confronti culturali e nuove sfide dello spirito.
Oggi l'antica cultura dei nativi europei sopravvive nelle comunità autoctone che mantengono vivo il riferimento alle antiche tradizioni europee. I loro luoghi sacri sono ancora oggi usati per riti religiosi e sociali.
In Francia, a Carnac (Bretagna), si sta manifestando il caso di una di queste comunità tradizionali che è oggi soggetta ad intimidazioni, è impedita nell'esercizio nella sua libera identità spirituale e chiede di essere aiutata.
Anche se lo Stato francese non prevede identità diverse da una sua integrità nazionale, questa comunità, che potremmo definire di Nativi europei, legata alle sue antiche tradizioni millenarie, rivendica egualmente la sua identità specifica e chiede le venga restituito l'accesso all'area megalitica che considera il suo luogo sacro, simbolo millenario della propria identità, il cui accesso è attualmente impedito così come è impedito il suo libero uso tradizionale.
L'area megalitica di Carnac in questione è stata requisita dal governo francese che con la scusa di preservarla dai danni del turismo l'ha recintata e impedisce alla comunità tradizionale che dimora in quell'area il libero accesso al luogo. Dal 1991 è impedito agli abitanti l'accesso al luogo per via di un progetto che prevede la trasformazione del sito in un parco archeologico a fini commerciali. La comunità tradizionale bretone non si rassegna a perdere l'antico riferimento ed ha intrapreso una protesta che prosegue da 15 anni.
La protesta è guidata dal movimento "Menhirs Libres" che si è fatto portavoce della Comunità bretone. Protesta che è divenuta sempre più dura con il passare del tempo.
Cèline Mary, presidente di "Menhirs Libres", afferma: "Questo luogo è sempre stato abitato ed ora lo Stato vuole trasformarlo in un museo. Questo significa togliergli la vita, spogliarlo di tutto. I menhir sono sempre stati un luogo di vita e devono continuare ad esserlo per sempre."
La comunità tradizionale bretone è consapevole che qualora dovesse perdere il rapporto morale con il proprio simbolo rappresentato dal sito megalitico rischierebbe di perdere, dopo millenni di continuità storica, la propria identità culturale, spirituale e sociale.
Se avvenisse questo, oltre che l'anima continentale europea, anche l'intera umanità finirebbe per vedere inutilmente depauperarata per sempre una testimonianza tradizionale delle sue radici nella perdita della preziosa eredità spirituale rappresentata dalla comunità storica di Carnac.

Grazie Sig. Presidente. Grazie a tutti per aver ascoltato questo appello.


Giancarlo Barbadoro
Presidente della Ecospirituality Foundation

Rappresentante:
- della Comunità tradizionale Bretone "Menhirs Libres"
- dell'Apache Survival Coalition
- della Wiran Aboriginal Corporation, Australia
- della Confrérie Mbog-Parlement, Cameroun
- dell'United Confederation of Taino People, Caribbean

UNITED NATIONS
PERMANENT FORUM ON INDIGENOUS ISSUES
Fifth Session - New York, 15 to 26 May 2006

Signor Presidente,

Parliamo in maniera congiunta, per ragioni di spazio, a nome delle tre Comunità di Indigenous Peoples che rappresentiamo. La Ecospirituality Foundation ha come obiettivo principale la tutela della conoscenza tradizionale e dei luoghi sacri degli Indigenous Peoples. Le Comunità che rappresentiamo evidenziano tre casi emblematici di violazione dei diritti spirituali dei Popoli indigeni.

Il primo caso riguarda gli Apache San Carlos, Arizona.
Su incarico di Ola Cassadore, Presidente dell'Apache Survival Coalition, chiediamo aiuto per difendere Mount Graham, il massimo luogo sacro degli Apache, profanato e minacciato dalla costruzione di un contestato osservatorio astronomico internazionale.
Nonostante gli Apache protestino da 16 anni, nonostante i numerosi appelli e il sostegno delle organizzazioni indigene e non indigene di tutto il mondo, Mount Graham continua ad essere profanato e minacciato, e gli Apache continuano ad essere privati del loro luogo sacro.
Mount Graham ha un ruolo fondamentale nella conoscenza tradizionale di questo Popolo. Sin dai primordi è il loro massimo luogo sacro. Per gli Apache è un riferimento spirituale e terapeutico. Ma questo sacro monte è minacciato dalla costruzione di un osservatorio astronomico internazionale a cui partecipano, insieme all'Università dell'Arizona, anche il Vaticano e l'Osservatorio di Arcetri, finanziato dal governo italiano.
Molti sponsor si sono ritirati a causa della protesta internazionale e a causa della scarsa visibilità del sito. Questo sviluppo totalmente illecito è stato contestato dagli Apache sin da quando essi sono venuti a conoscenza del progetto, circa sedici anni fa.
Quattro anni fa la Apache Survival Coalition ha fondato un comitato chiamato Western Apache, in cui ha riunito tutte le tribù Apache dell'Ovest. I Western Apache in questi ultimi anni hanno incontrato molte volte la Forest Service per ottenere l'iscrizione della montagna al National Register of Historic Places, data la sua fondamentale importanza religiosa. Ma Mount Graham non è stato mai iscritto al Registro nonostante abbia tutii requisiti necessari.
Mount Graham continua ad essere profanato e gli Apache coninuano ad essere esclusi dalla loro montagna sacra.

Il secondo caso che presentiamo riguarda la Nazione Wamba Wamba che raduna tutti i Clan del Victoria e del New South Wales dell'Australia.
A nome di Gary Murray, presidente della Wiran Aboriginal Corporation e della Nazione Wamba Wamba ci appelliamo circa il genocidio con inganno da parte del Commonwealth e del governo australiano che continuano a violare i diritti dei Nativi australiani per quanto riguarda l'autodeterminazione, la protezione della loro eredità culturale ed i diritti alle loro terre ed acque.
Noi ci appelliamo per:

  • il recupero, il ritorno e la risepoltura dei resti degli Antenati;
  • il recupero e ritorno di tutti i manufatti culturali, sacri e non sacri;
  • la conservazione e protezione dell'eredità culturale dei Nativi australiani, sia luoghi che oggetti;
  • l'introduzione di leggi per la protezione delle eredità culturali da coloro che commettono genocidio con inganno sui Proprietari Tradizionali dello Stato del Victoria.
  • I diritti e gli interessi dei Proprietari Tradizionali sono violati in materia di eredità culturali e noi vogliamo porre all'attenzione di questo Forum il fatto che l'introduzione del Victorian Aboriginal Cultural Heritage Act 2006 creerà incertezza in tutti i cittadini dello Stato di Victoria, in quanto indebolisce l'autorità culturale e gli obblighi dei Proprietari Tradizionali verso il loro rispettivo Paese e creerà conflitto e divisioni per tutti i Proprietari. La legge è una forma di genocidio con inganno per tutti i Proprietari Tradizionali perché abolisce i nomi e i confini di tutti i Proprietari Tradizionali. Questa legge replica anche l'incertezza e conflitti generati dal Commonwealth Aboriginal and Torres Strait Islander Heritage Protection Act 1984 Part 11A.
    Ci appelliamo quindi affinchè le Nazioni Unito facciano pressioni sul Parlamento dello Stato del Victoria e sulla Repubblica dell'Australia per correggere la legge affinchè i Proprietari Tradizionali siano specificamente riconosciuti da statuto, abbiano diritti esclusivi nella gestione dell'eredità culturale e dei loro diritti secondo il titolo di Nativi nei loro rispettivi paesi. Alternativamente, lo Stato del Victoria dovrebbe cercare di correggere il Commonwealth Aboriginal and Torres Strait Islander Heritage Protection Act 1984 Part 11A, relativo all'eredità culturale aborigena, a tutela dei Proprietari Tradizionali di tutti i gruppi.

    L'ultimo caso che vogliamo portare a conoscenza di questa assemblea riguarda una comunità indigena europea che è oggi impedita nell'esercizio nella sua libera identità spirituale e chiede di essere aiutata.
    Anche sul continente europeo, prima che i poteri storici li cancellassero, si sono manifestati Indigenous peoples che possedevano una loro tradizione sostanzialmente simile a quelle degli altri Indigenous peoples del resto del pianeta. Essi danno ancora oggi la testimonianza della loro realtà storica nella sacralità attribuita ai monumenti megalitici che coprono l'intero continente europeo, attraverso l'insegnamento dei miti, nella continuità della musica e attraverso la cultura popolare che conserva le antiche consuetudini.
    In Francia, a Carnac (Bretagna), si sta manifestando il caso di una di queste comunità tradizionali che è oggi soggetta ad intimidazioni, è impedita nell'esercizio nella sua libera identità spirituale e chiede di essere aiutata.
    L'area megalitica di Carnac in questione è stata requisita dal governo francese che con la scusa di preservarla dai danni del turismo l'ha recintata e impedisce alla comunità tradizionale che dimora in quell'area il libero accesso al luogo.
    Dal 1991 è impedito agli abitanti l'accesso al luogo per via di un progetto che prevede la trasformazione del sito in un parco archeologico a fini commerciali. La comunità tradizionale bretone non si rassegna a perdere l'antico riferimento ed ha intrapreso una protesta che prosegue da 15 anni.
    La protesta è guidata dal movimento "Menhirs Libres" che si è fatto portavoce della Comunità bretone. Protesta che è divenuta sempre più dura con il passare del tempo.
    Cèline Mary, presidente di "Menhirs Libres", afferma: "Questo luogo è sempre stato abitato ed ora lo Stato vuole trasformarlo in un museo. Questo significa togliergli la vita, spogliarlo di tutto. I menhir sono sempre stati un luogo di vita e devono continuare ad esserlo per sempre."

    La violazione di un luogo sacro dei Popoli indigeni è una minaccia per la sopravvivenza della loro identità. Riteniamo che ogni Popolo abbia il diritto di conservare le sue tradizioni e le sue credenze religiose.
    Noi riteniamo che l'identità dei Popoli nativi sia basata sulla loro conoscenza tradizionale. In queste radici essi trovano riferimento per la loro storia e la loro spiritualità. Senza queste radici è inevitabile che l'eredità dei Popoli naturali scompaia, creando grave danno per gli individui.

    
    
    Rosalba Nattero e Giancarlo Barbadoro

    Rappresentanti:
    - dell'Apache Survival Coalition, Arizona
    - della Wiran Aboriginal Corporation, Australia
    - della Comunità tradizionale Bretone "Menhirs Libres", Francia

    UNITED NATIONS
    COMMISSIONE PER I DIRITTI UMANI
    Working Group On Indigenous Populations
    Geneva 18 to 22 July 2005
    
    
    

    Signor Presidente,

    Sig. Presidente, sono qui a parlare per conto della comunità tradizionale bretone "Menhirs Libres" che vuole rivolgere a questa Assemblea un appello per una richiesta di aiuto relativo al sostegno dell'identità spirituale di Nativi europei.
    Non è facile parlare di nativi in Europa poichè esiste un luogo comune che li vuole esistenti solo in altri continenti e non c'è nulla che possa distinguerli fisicamente da quanti non lo sono.
    La storia li ha confusi con i poteri nazionali che sono nati a seguito di un processo di forzata integrazione iniziato con le persecuzioni dell'impero romano e con il successivo assorbimento culturale da parte del cristianesimo sino a giungere all'attuale ordine degli stati moderni d'Europa.
    Oggi tuttavia queste culture continuano ad esistere e a praticare le loro antiche tradizioni in un silenzio dignitoso e orgoglioso che non contraddice né si contrappone in alcuno modo al corso della storia impostata dalle cultura maggioritarie.
    In Francia, a Carnac, si sta manifestando il caso di una di queste comunità tradizionali che è oggi soggetta ad intimidazioni, è impedita nell'esercizio nella sua libera identità spirituale e chiede di essere aiutata.
    Anche se lo Stato francese non prevede identità diverse da una sua integrità nazionale, questa comunità, che potremmo definire di Nativi europei, legata alle sue antiche tradizioni millenarie, rivendica egualmente la sua identità specifica e chiede le venga restituito l'accesso all'area megalitica che considera il suo luogo sacro, simbolo millenario della propria identità, il cui accesso è attualmente impedito così come è impedito il suo libero uso tradizionale.
    Un evento non nuovo che ripete quanto sta accadendo da anni in Arizona dove la comunità degli Apache si vede impedire dal governo americano il libero accesso a Mount Graham, la montagna sacra da loro considerata luogo sacro e di culto millenario.
    L'area megalitica di Carnac in questione è stata requisita dal governo francese che con la scusa di preservarla dai danni del turismo l'ha recintata con strutture in metallo e impedisce alla comunità tradizionale che dimora in quell'area il libero accesso al luogo.
    Per gli abitanti di Carnac, e per i bretoni in genere, il sito megalitico degli "alignements" di Menhir costituisce un riferimento spirituale e culturale. Da secoli gli abitanti erano abituati a celebrare in mezzo ai Menhir tutte le loro cerimonie principali, dai matrimoni ai funerali, dai battesimi alle investiture dei loro druidi. Le assemblee cittadine venivano convocate lì, tra i Menhir, e così pure le manifestazioni culturali, artistiche, religiose.
    Al di là delle intenzioni dichiarate di salvaguardia del luogo megalitico, il governo francese ha anche in programma di trasformare il sito in un parco di divertimenti a tema, tentando un grande esproprio di terreni e abitazioni, in accordo con una società statunitense, per realizzare un grande residence per turisti e villeggianti.
    Già da adesso, attorno al sito, è iniziata l'installazione di strutture ludiche e di commercio che hanno scopi non del tutto archeologici.
    La comunità tradizionale di Carnac si è subito dichiarata contro le intenzioni del governo francese e dagli anni '70 si sta battendo per impedire che il progetto venga attuato.
    Sono state organizzate molte manifestazioni di protesta ma sinora senza ottenere nulla di fatto e il sito è ancora circondato da un recinto di griglie metalliche.
    L'azione dello stato francese ha sollevato le proteste non solo della comunità tradizionale di Carnac, ma anche quelle dei visitatori che da tutta europa si recavano in precedenza a visitare il sito per motivi di studio e di ricerca delle antiche radici europee.
    La comunità tradizionale di Carnac chiede aiuto. Non chiede che il sito non venga tutelato per il suo valore archeologico, ma chiede che venga bloccato il progetto edilizio e che venga tolta la recinzione in metallo che circonda e sbarra il luogo da essi considerato sacro e ne impedisce il libero accesso.
    La comunità è disperata poichè è consapevole che qualora dovesse perdere il rapporto morale con il proprio simbolo rappresentato dal sito megalitico rischierebbe di perdere, dopo millenni di continuità storica, la propria identità morale e sociale.
    Se avvenisse questo, oltre che l'anima continentale europea, riteniamo che anche l'intera umanità finirebbe per vedere inutilmente depauperarata per sempre una testimonianza tradizionale delle sue radici nella perdita della preziosa eredità spirituale rappresentata dalla comunità storica di Carnac.

    Grazie Signor Presidente.

    Grazie a tutti per aver ascoltato questo appello.

    
    
    Giancarlo Barbadoro
    Presidente dell'Ecospirituality Foundation
    Rappresentante:
    - della Comunità bretone "Menhirs Libres"
    - dell'Apache Survival Coalition

    UNITED NATIONS
    COMMISSIONE PER I DIRITTI UMANI
    Working Group On Indigenous Populations
    Geneva 19 to 23 July 2004
    
    

    Signor Presidente,

    la Ecospirituality Foundation ha più volte sostenuto i diritti dei Popoli indigeni, e in particolare la causa degli Apache San Carlos per la difesa del loro luogo sacro, Mount Graham.
    Oggi ci rivolgiamo a questa Assemblea per fare un appello affinchè non vadano dimenticate l'identità e le esigenze culturali dei Nativi europei, che a fianco di tanti altri popoli indigeni vivono le stesse problematiche nello stesso confronto con la società maggioritaria.
    In questa richiesta ci ispiriamo all'invito fatto dall'ONU circa il diritto di ogni popolo autoctono di potersi dichiarare tale senza essere discriminato o emarginato.
    La presenza dei Popoli indigeni esiste anche sul continente europeo. Così come per i Popoli nativi degli altri continenti, anche nelle tradizioni dei Nativi europei si ricorda l'antica cultura che essi hanno ancora come riferimento, fonte di civiltà e di struttura sociale equa e dignitosamente morale. Una cultura che per conoscenze e arti non ha nulla di meno di altre del suo tempo, come quella egizia o quella andina.
    Questa cultura pacifica esiste ancora oggi, dopo aver resistito alla forzata integrazione delle varie forme di potere che si sono avvicendate nella storia del continente.
    E' un popolo oggi frammentato in tante comunità sparse sul continente europeo, che, intimorito dalle persecuzioni subite, chiede tutela per poter mostrare e vivere in libertà la sua cultura e i suoi valori morali di fratellanza, di rispetto per l'individuo e di libera conoscenza.
    Un Popolo dimenticato che cerca di riagganciarsi alla storia visibile di questo millennio e di dare il suo contributo al cammino dell'umanità.
    Oggi questa cultura basata sulla libertà e la fratellanza sopravvive nell'arte, nella musica, nelle pratiche religiose che l'hanno cooptata, nei miti e nella memoria comune del modo di essere di tanti europei.
    Esistono in Europa Popoli che lottano per la sopravvivenza della loro cultura e per la salvaguardia dei loro diritti religiosi e dei loro territori sacri.
    E' il caso del Popolo bretone: in questo momento in Bretagna, nel nord-ovest della Francia, c'è una popolazione che lotta per la difesa della sua spiritualità e, come avviene già per gli Apache San Carlos e per tanti altri Popoli nativi, lotta per il libero accesso ai propri luoghi sacri e alla loro conservazione ambientale.
    A Carnac, in Bretagna, una battaglia si sta consumando ormai da più di tredici anni. Da quando cioè lo stato francese ha deciso di recintare il luogo megalitico tra i più vasti e famosi del mondo, togliendolo di fatto all'utilizzo dei suoi maggiori frequentatori, gli abitanti di Carnac.
    Il sito megalitico di Carnac è un patrimonio che costituisce l'eredità di un passato lontano migliaia di anni, ed è il massimo riferimento spirituale e culturale degli abitanti della zona.
    Per gli abitanti di Carnac, e per i bretoni in genere, il sito megalitico di Carnac costituisce un riferimento spirituale e occupa un posto centrale nella loro identità culturale e sociale. Da secoli gli abitanti erano abituati a considerare il loro sito megalitico un luogo sacro, e a celebrarvi tutte le loro cerimonie principali, le assemblee cittadine, le manifestazioni culturali, artistiche, religiose.
    Ma nel 1991 il governo francese ha varato un progetto che prevedeva la costruzione di uno stabilimento turistico di vaste proporzioni, espropriando ai cittadini il sito e tutte le abitazioni in esso contenute.
    Dopo più di un decennio di dura protesta da parte degli abitanti di Carnac il progetto è stato in parte fermato, ma l'accesso al luogo continua tuttora ad essere impedito.
    Rivolgiamo a nome loro, quali portavoce della loro speranza, la richiesta a questa Assemblea di poter essere ascoltati e di far valere il loro diritto di esistere nella storia e di ricevere rispetto per la propria identità culturale da parte della società maggioritaria che ancora oggi si confronta con le altre popolazioni native del pianeta.

    Grazie Signor Presidente.
    Grazie a tutti per aver ascoltato questo appello.

    Giancarlo Barbadoro
    Rosalba nattero
    Ecospirituality Foundation
    Rappresentanti dell'Apache Survival Coalition